Parole come: “depressione”, “depresso” e tutti i loro possibili derivati sono entrate a far parte del linguaggio comune e colloquiale così come accaduto a diverse altre definizioni (ne sono esempio: “bipolare”, “ansia”, “stress”). L’effetto di una generalizzazione del termine è che ormai siamo abituati a pensare alla Depressione come se fosse un mero malessere, una sorta di “lamentela esagerata” di chi non sembrerebbe riuscire ad affrontare le sfide, che siano in ambito personale, familiare o lavorativo, che la vita ci pone davanti.
“Forza!”, “Dipende tutto da te!”, “Alzati!”, “Non stare sempre a letto senza fare nulla, hai bisogno di uscire!”. Di fronte a quella che si considera alla stregua di una scelta, è veramente vasto il corteo di consigli che mirano a responsabilizzare il paziente e a spingerlo ad uno sforzo, spesso superiore alle sue possibilità, e che più frequentemente finiscono con il minare il corretto funzionamento del paziente stesso diventando, in tanti casi, motivo di incomprensioni e di litigi nel contesto relazionale.
Per questa ragione è importante non sottovalutare mai i sintomi, soprattutto quando questi rappresentano un cambiamento rispetto al proprio funzionamento precedente. Immaginiamo che una persona sempre molto vitale e attenta, che non ha mai mancato di presentarsi a lavoro puntuale e curata nel proprio aspetto, piano piano prenda ad iniziare la propria giornata lavorativa sempre più tardi, a dimenticarsi gli appuntamenti più importanti, a mostrare sempre meno attenzione ed interesse nella cura della propria persona. È buona norma chiedersi: “Che sta succedendo?” In questi casi, rivolgersi al medico specialista al fine di effettuare una corretta diagnosi è fondamentale.
Ciò che più frequentemente viene lamentato dal paziente stesso è uno stato di grande sofferenza, disperazione, perdita di piacere nel compiere le attività della vita quotidiana, mancanza di energie. Da tale corteo sintomatologico ne deriva, spesso, un cambiamento nel modo di pensare, agire, vivere la quotidianità che è quello che più frequentemente provoca i maggiori disagi nelle relazioni con sé e con gli altri da cui si tende a rifuggire.