Esordio di Malattia
Siamo in un liceo, ai primi mesi del quarto anno. Usciamo dall’aula, tra una lezione e l’altra, e ci sembra come di avvertire lo sguardo di alcuni studenti, poco più grandi, che riuniti in un piccolo gruppo sembrerebbero osservarci. Qualcuno ride. Qualcuno fa dei gesti con le mani. Staranno parlando di me? Staranno ridendo per qualcosa che ho fatto? Per come sono vestito? Per come cammino? Questi sono solo alcuni degli interrogativi che possono balenarci velocemente nella testa appena il nostro sguardo incrocia quello del gruppetto fuori dall’aula.
È tutta la mattina, dopo questo episodio, che ci sentiamo più nervosi. Le ultime notti, diversamente dal solito, non siamo riusciti a riposare bene: continuavamo a rigirarci nel letto facendo estrema fatica a prendere sonno e anche quando succedeva, era capitato più volte di risvegliarsi nel corso della stessa nottata. Uscendo dall’aula, ci sforziamo di distrarci da questi pensieri convincendoci che siano solo l’effetto della stanchezza.
Il resto della mattinata sembra passare nella totale ordinarietà: interrogazioni, lunghe spiegazioni, spuntini, chiacchiere. Nel tragitto verso casa, però, veniamo nuovamente colpiti da una sensazione “strana”, “diversa”; sentiamo dei passi dietro di noi e per un breve istante abbiamo come l’impressione che sia qualcuno che ci insegue. A seguito di tale pensiero, avvertiamo un’improvvisa sensazione di allarme. Vorremmo metterci a correre o cambiare strada. Facciamo molta fatica a contenere l’istinto di scappare; prendiamo coraggio e ci voltiamo: a pochi passi c’è un altro passante che ha tutta l’aria di essere assorbito nella conversazione sul suo cellulare. Sembra innocuo ma solo vederlo svoltare e sparire dietro l’angolo ha l’effetto di calmare i nostri nervi. A pranzo non riusciamo a mangiare, preferiamo consumare velocemente il pasto, evitare i nostri genitori e andare direttamente in camera nel tentativo di risposare.
Una volta giunti in camera ci accorgiamo che qualcuno deve averla risistemata perché è tutto in ordine come sempre. Tutto tranne le fotografie sul comodino. Qualcuno avrà cambiato la posizione per spolverare eppure nella nostra testa si insinua il dubbio che sia stato fatto appositamente per farci un dispetto, per farci innervosire. Proviamo a metterci a letto e prendere sonno, ma l’idea di quelle foto spostate non ci lascia in pace. È tutta la mattina che il mondo sembra avercela con noi senza alcun apparente motivo. Nel silenzio il cellulare prende a suonare. Quel suono, così familiare, ci appare un po’ diverso. Più intenso. O distorto. Strano. Non lo riconosciamo, sebbene il messaggio successivo sembra farsi annunciare con il suono di sempre.
Che sta succedendo?
La realtà che fino ad allora sembravamo conoscere pare modificarsi, diventare più ostile e con essa, sembrerebbe sopraggiungere una sempre maggiore sensazione di angoscia, disagio e paura.
Nei giorni, le sensazioni vissute in quella mattinata anziché regredire sembrano intensificarsi. Con maggiore insistenza iniziamo a sentirci osservati dagli altri, che tutti intorno ci ridano dietro, che vengano messi in atto degli scherzi contro di noi, esempio spostare le penne dal tavolo o invertire la posizione dello zaino, solo per il gusto di prendersi gioco di noi. Se prima non c’era giorno in cui non ci trattenessimo oltre l’orario scolastico per prendere parte a corsi extracurriculari, negli ultimi giorni l’impressione di non essere ben accetti ci spinge a passare sempre più tempo in casa, chiusi in stanza così da evitare anche i genitori complici, come tutti gli altri, di questo gioco meschino.
“Loro non capiscono”. “Ti prendono tutti in giro”. “Stupido. Non dovevi fidarti”. “Si può sapere che cosa indossi, orribile!”. “La gente ride di te”. “Nessuno può capirti. Non parlare più con nessuno”. Nelle ultime sere, pur con la tv o il pc spenti, pur avendo nascosto il cellulare sul fondo del cassetto, continuiamo a sentire i commenti sopra, frasi dapprima sconnesse, brevi e poi sempre più nitide e complesse. Sulle prime era possibile che fosse l’ennesimo scherzo di qualche amico che dalla finestra della camera si divertiva a bisbigliare quelle frasi aspettandosi una reazione; eppure stando al terzo piano sarebbe stato davvero complicato, in più non sembrava esserci mai nessuno quando capitava di affacciarsi. Che possa essere il vicino? Nel dubbio cominciamo a chiudere le imposte della finestra senza alcun cambiamento rispetto alle voci. Anche in TV qualcuno dei conduttori sembra rivolgersi a noi, di tanto in tanto nel corso del programma, tanto che, alla fine, decidiamo di staccare anche quella. Stessa sorte tocca poi anche al pc, dove Facebook sembra essere costellato di stati contro di noi, o ancora al telefono dove è possibile che siano state installate delle app pirata per tenerci sotto controllo. Niente di tutte queste azioni, però, sembra bloccare quelle voci, sono nella stanza e non ci lasciamo mai completamente soli.
Che sta succedendo?
Riconoscere un esordio di patologia psichica non è mai semplice. Molti cambiamenti possono avvenire gradualmente, poco alla volta, finendo però con lo stravolgere profondamente la quotidianità, le abitudini i comportamenti della persona interessata. Tornando al racconto sopra, nella storia possiamo riconoscere ad esempio, diversi elementi indicativi di un disturbo psicotico in atto.
- In primis l’età di esordio dei sintomi, compresa tra i 16 e i 18 anni, che rappresentano di fatto la fascia di età in cui tipicamente possono presentarsi le prime manifestazioni patologiche.
- Ideazione di riferimento (“mi guardano”, “mi indicano”, “ridono di me”) fino a ad arrivare a franchi deliri paranoidei un cui la convinzione che possa esserci qualcuno che vuole farci del male diventa così forte e inamovibile che nessuna prova contraria sembrerebbe smuovere la persona da questa sua convinzione.
- dispercezioni udite nella forma di voci commentanti/imperative.
- con un’evoluzione ingravescente è possibile descrivere anche ritiro sociale, perdita del funzionamentonell’ambito relazione e scolastico, distacco emotivo, con notevole impatto sulla sua quotidianità. Le stesse figure di riferimento, quali i genitori, sembrerebbero rendersi conto del cambiamento avvenuto nel comportamento del ragazzo nel corso delle settimane in quanto notevolmente diverso, in termini negativi, rispetto al periodo precedente l’insorgenza dei sintomi.
Un intervento tempestivo, anche di tipo farmacologico, può migliorare di molto la prognosi del disturbo soprattutto in termini di remissione della sintomatologia, prevenzione di eventuali ricadute e più stabile outcome.