Schizofrenia e Disturbi Psicotici
E’ la fine di una lunga giornata, stiamo rientrando da lavoro, magari la settimana non è stata semplice, anzi, si sono avvicendati una serie di sfortunati eventi che hanno messo a dura prova la resistenza e la capacità di fronteggiare le urgenze oltre alle situazioni quotidiane. Mentre camminiamo di ritorno verso casa iniziamo ad avvertire una sensazione di angoscia e di allarme che non sappiamo spiegarci. Iniziamo a guardarci intorno come a cercare qualche indizio nell’ambiente circostante che possa dare una spiegazione logica a quello che proviamo. Con la coda dell’occhio notiamo qualcuno che percorre i nostri stessi passi: “E se mi stesse seguendo”. Proviamo a girarci, a controllare se questo dubbio non sia poi così immaginario. Iniziamo a camminare con passo più sostenuto mentre gli sguardi di chi incrociamo sul cammino ci sembrano improvvisamente più sospetti, severi, giudicanti. Non ci sentiamo più così al sicuro per strada, l’idea di chiudersi dentro casa diventa consolatoria rispetto a quella sensazione di angoscia; non facciamo in tempo ad aprire la porta dell’appartamento che subito la richiudiamo alle spalle, magari assicurandoci all’interno con qualche mandata e controllando dallo spioncino che non ci sia nessuno sul pianerottolo. Guardando sul pavimento notiamo una busta, è dell’amministratore di condominio che abita al primo piano e che riassume le quote ancora da versare di alcune giacenze dell’anno precedente. È in quel momento che subentra l’intuizione: “magari pensa che non voglio pagare o che non posso e vuole costringermi a lasciare casa. Sarà lui ad avermi seguito per capire se ho un lavoro o meno. Magari molte delle cose che mi sono successe questa settimana sono stata architettate da lui per farmi perdere il lavoro e quindi andare via da qui!” Questi pensieri cominciano a diventare sempre più assidui e opprimenti fino a chiuderci sempre di più in noi stessi, evitando di parlare con altri condomini “evidentemente in combutta con l’amministratore” o con la famiglia “per paura di intercettazioni”. Magari iniziamo a non andare più a lavoro per paura di lasciare l’appartamento e chiudere imposte e finestre così che nessuno possa spiare all’interno. Il mondo diventa improvvisamente un ambiente da cui proteggersi, ostile e pericoloso.
Sotto il termine generico di psicosi rientrano svariati di quadri clinici caratterizzati dalla presenza di sintomi come deliri (convinzioni errate strenuamente mantenute nonostante l’assenza di dati obiettivi o conferme), allucinazioni (più frequentemente di tipo uditivo, sotto forma di voci, ad esempio a carattere commentante o imperativo), pensiero disorganizzato, comportamento bizzarro, ritiro sociale e scarso interesse e piacere per gli eventi della vita quotidiana – in varie combinazioni tra loro – con conseguente alterazione del rapporto con la realtà.
Il soggetto, in genere, non è pienamente consapevole della suddetta sintomatologia motivo per il quale il suo comportamento viene spesso influenzato sia nelle scelte come nelle azioni, dalle alterazioni che presenta. Proprio per questo il paziente tende frequentemente ad isolarsi, a ridurre i contatti con il mondo esterno che, in tanti casi, gli appare ostile e pericoloso. Ne consegue che tali patologie finiscono con l’avere un impatto anche sulla sfera relazionale, ed in particolare familiare, che quindi va sostenuta e indirizzata durante il percorso di cura del soggetto.
Va sottolineato come la grande diffusione di sostanze di abuso (ad es. cannabis o psicostimolanti) già tra i giovanissimi può, in tante occasioni, determinare l’insorgenza delle alterazioni del pensiero e del comportamento sopra descritte.
In tutti questi casi il trattamento principale rimane quello farmacologico; un intervento precoce a cui, nella maggior parte dei casi, segue una rapida regressione dei sintomi, può migliorare la prognosi dei soggetti e garantire una qualità di vita adeguata.